Guerra di potere in Generali: lo scontro che ridisegna la finanza italiana
Nell’ambito del panorama finanziario italiano si è sviluppata una complessa battaglia per il controllo di Assicurazioni Generali, con dinamiche che riflettono profondi cambiamenti nel capitalismo nazionale. Il Leone di Trieste, colosso assicurativo europeo con oltre 75 miliardi di capitalizzazione, è diventato il terreno di scontro tra visioni divergenti sul futuro della governance finanziaria italiana.
L’assemblea dei soci di Generali del 24 aprile 2025 ha segnato un momento decisivo in questa lotta di potere. La lista sostenuta da Mediobanca ha ottenuto il 52,38% dei voti, assicurandosi dieci seggi su tredici nel consiglio di amministrazione, mentre Francesco Gaetano Caltagirone ha conquistato il 36,8% delle preferenze e tre posizioni strategiche nel board. Questo risultato consolida gli equilibri esistenti ma evidenzia un crescente pluralismo nell’azionariato del gruppo assicurativo.
I protagonisti della guerra per il controllo di Generali
Lo scontro vede fronteggiarsi visioni strategiche radicalmente diverse. Da un lato Mediobanca, azionista storico con una partecipazione del 13,6%, ha sostenuto la riconferma dell’amministratore delegato Philippe Donnet, la cui gestione ha portato a una crescita degli utili netti del 5,4% nell’ultimo anno fiscale. Dall’altro, Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore con un impero diversificato e una quota del 6,9% in Generali, propone un rinnovamento profondo della strategia aziendale.
Andrea Sironi, confermato presidente, rappresenta l’elemento di continuità istituzionale in questo delicato equilibrio di potere. La sua leadership dovrà mediare tra le diverse anime del consiglio, garantendo l’implementazione di una strategia condivisa che soddisfi le diverse aspettative degli azionisti.
Nel panorama proprietario spicca anche la famiglia Benetton, con una quota del 4,8%, che durante l’assemblea ha adottato una posizione astensionista, evitando di schierarsi apertamente nel confronto tra i principali contendenti.
Caltagirone contro l’establishment: anatomia di una ribellione finanziaria
Francesco Gaetano Caltagirone rappresenta una figura emblematica nel panorama imprenditoriale italiano. Partito dal settore delle costruzioni, ha diversificato gli investimenti in ambito editoriale e finanziario, costruendo un conglomerato che oggi sfida apertamente l’establishment rappresentato da Mediobanca.
La sua opposizione si è manifestata chiaramente nel gennaio 2022, quando si dimise clamorosamente dal CdA di Generali, contestando le modalità di presentazione del piano strategico e l’applicazione delle norme sulla trasparenza informativa. Questo gesto segnò l’inizio di una campagna sistematica per modificare gli equilibri di potere all’interno del gruppo assicurativo.
Nell’aprile dello stesso anno, Caltagirone presentò una lista alternativa per il board, proponendo Luciano Cirinà come amministratore delegato in sostituzione di Donnet. Sebbene questa iniziativa non ottenne la maggioranza necessaria, consolidò la sua posizione come principale voce critica all’interno dell’assetto proprietario del Leone di Trieste.
La strategia dell’imprenditore romano appare orientata a un graduale rafforzamento della propria influenza, sia attraverso l’incremento delle quote azionarie, sia mediante alleanze strategiche con altri investitori significativi, come fu il compianto Leonardo Del Vecchio prima della sua scomparsa.
Mediobanca e le nuove sfide al suo controllo tradizionale
Mediobanca ha storicamente esercitato un’influenza determinante su Generali, fungendo da architetto delle principali scelte strategiche della compagnia. Sotto la guida dell’amministratore delegato Alberto Nagel, la banca d’affari ha cercato di preservare questo ruolo chiave, adattandosi però a un contesto di crescente contestazione.
La partecipazione record all’assemblea, stimata attorno al 70% del capitale sociale, dimostra l’eccezionale mobilitazione degli investitori e l’importanza attribuita a questa battaglia di governance. Il regolamento assembleare, che prevede l’assegnazione di nove consiglieri alla lista maggioritaria e la distribuzione proporzionale dei restanti quattro seggi tra le liste che superano il 5%, ha determinato l’attuale composizione del consiglio.
L’ingresso di UniCredit nel capitale, con una partecipazione del 4,18%, introduce un nuovo elemento potenzialmente destabilizzante negli equilibri esistenti, aprendo scenari inediti per i futuri assetti proprietari.
Strategie divergenti per il futuro del Leone di Trieste
La riconferma di Donnet alla guida operativa garantisce continuità nell’implementazione del piano strategico 2025-2027, che include un ambizioso programma di buy-back finalizzato alla cancellazione di azioni proprie e alla creazione di valore per gli azionisti. Tuttavia, la presenza significativa dei rappresentanti di Caltagirone nel board introdurrà elementi di discussione sulle scelte strategiche, particolarmente riguardo alle operazioni di fusione e acquisizione.
Gli analisti di mercato evidenziano come questa dialettica tra stabilità e innovazione possa rivelarsi funzionale alla creazione di valore nel medio periodo, come suggerito dall’apprezzamento delle azioni Generali registrato in seguito all’esito assembleare. La capacità di integrare visioni diverse potrebbe trasformarsi in un vantaggio competitivo in un settore assicurativo in rapida evoluzione.
Due modelli di capitalismo italiano a confronto
Lo scontro in Generali trascende la semplice battaglia per il controllo societario, rappresentando un confronto tra paradigmi diversi di capitalismo. Mediobanca incarna un modello di governance caratterizzato da relazioni stabili tra gli azionisti di riferimento e una visione di lungo periodo, mentre Caltagirone propone un approccio più dinamico, orientato alla massimizzazione del valore e all’apertura verso nuovi equilibri proprietari.
La recente riforma della corporate governance italiana ha ampliato gli spazi di influenza per gli azionisti di minoranza, permettendo a Caltagirone di ottenere una rappresentanza significativa nonostante la quota azionaria relativamente limitata. Questo cambiamento normativo ha modificato profondamente le dinamiche di potere all’interno delle grandi società quotate italiane.
Possibili evoluzioni: quando la battaglia si sposta su altri fronti
Secondo numerosi analisti, il vero obiettivo strategico potrebbe essere Mediobanca stessa. Indebolendo il controllo sulla banca d’affari, Caltagirone e i suoi potenziali alleati potrebbero indirettamente modificare gli equilibri in Generali, sfruttando la partecipazione significativa che Mediobanca detiene nella compagnia assicurativa.
Questa strategia indiretta rappresenta uno scenario plausibile nell’evoluzione dello scontro, in linea con dinamiche simili osservate in altre battaglie per il controllo societario nel contesto europeo. L’attivismo di nuovi soggetti come UniCredit potrebbe accelerare questo processo, introducendo variabili imprevedibili nello scenario competitivo.
Il futuro della governance finanziaria italiana dopo Generali
Il caso Generali offre una finestra privilegiata sulle trasformazioni del capitalismo italiano contemporaneo. L’internazionalizzazione crescente degli assetti proprietari, con investitori istituzionali esteri che detengono quote sempre più significative, impone una revisione dei tradizionali meccanismi di governance e una maggiore attenzione alle pratiche di trasparenza e accountability.
La capacità di bilanciare stabilità e innovazione si conferma essenziale per garantire competitività sui mercati globali. Il valore di Generali, e più in generale delle grandi aziende italiane, dipenderà sempre più dalla percezione di efficienza ed equilibrio della loro governance, oltre che dai risultati finanziari.
La battaglia per il controllo di Generali rappresenta quindi non solo uno scontro tra potenti gruppi finanziari, ma un laboratorio dove si sperimentano i nuovi equilibri del capitalismo italiano, tra tradizione e spinte al rinnovamento, tra controllo nazionale e apertura internazionale. L’esito di questa guerra di potere influenzerà profondamente il futuro della finanza italiana e i suoi modelli di governance nei prossimi decenni.
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